No all’accertamento sintetico per acquisti coi soldi di mamma e papà
Con il giro di vite introdotto dal Governo Monti per combattere ad
ogni costo l’evasione fiscale, parole come “spesometro” e “redditometro”
suonano sempre più minacciose. E sull’argomento è intervenuta la Corte
di Cassazione che, con la sentenza n. 17805/2012, ha fornito una
precisazione sul ruolo che gli acquisti fatti dai genitori hanno sulle
dichiarazioni d’imposta dei figli. In particolare, se si riesce a
provare che ha avuto luogo una “donazione indiretta”, l’accertamento
sintetico induttivo del reddito può essere contestato. Vediamo meglio di
costa si tratta.
L’articolo 38 del d.P.R. n. 600/1973, intitolato “Rettifica delle
dichiarazioni delle persone fisiche”, è la norma che originariamente ha
introdotto lo strumento del redditometro assegnando appunto all’ufficio
delle imposte il potere di “correggere” le dichiarazioni presentate dai
contribuenti qualora il reddito complessivamente indicato appaia
inferiore a quello effettivo. Tale inesattezza o falsità del documento
viene desunta mettendo a confronto dichiarazioni di anni precenti e
viene essenzialmente fondata su delle presunzioni semplici. Presunzioni
che, ovviamente, ammettono la prova contraria. Sulla base dunque di
elementi e circostanze di fatto e di indici fissati a priori, l’Agenzia
delle entrate calcola sinteticamente il presunto reddito netto della
persona fisica al fine di richiedere poi alla stessa di giustificare un
eventuale scostamento che sia superiore ad una certa soglia. In poche
parole, quindi, attraverso lo spesometro il reddito viene determinato in
via induttiva tenendo conto delle spese per incrementi patrimoniali
effettuate dal contribuente.
E torniamo al caso trattato dalla sentenza che, nello specifico,
riguardava l’acquisto di un fabbricato effettuato dai genitori in favore
del figlio. In questo caso, la dimostrazione che la compravendita è
stata possibile grazie ai fondi di mamma e papà è valida come prova
contraria per confutare l’accertamento induttivo del reddito. Siccome
infatti la fonte di denaro è in un certo senso “esterna”, l’immobile non
può essere preso in considerazione quale indice della capacità
contributiva del figlio. In un’altra occasione, la Cassazione si era
pronunciata in materia (sentenza n. 20638/2005) affermando che
“nell’ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del
disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intenda
in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta
dell’immobile e non del denano impiegato per l’acquisto”. In
conclusione, quindi, l’avviso di accertamento induttivo può essere
contestato.
F o n t e : libero.it