venerdì 7 dicembre 2012

TASSE, TASSE E ANCORA TASSE...

Fisco / Con l’ultima rata dell’Imu il 2012 si chiuderà con maggiori tasse per quasi 130 miliardi: in un anno bruciato un 10% di ricchezza

Si avvicina il pagamento della seconda rata dell'Imu e Confcommercio lancia l'allarme: altro che maggiori entrate per 11 miliardi rispetto all'Ici, l'incremento sarà di oltre 18 miliardi. Conti alla mano gli italiani subiranno quest'anno un prelievo fiscale più pesante di circa 130 miliardi di euro rispetto all'anno passato. In dodici mesi la "cura Monti" ha bruciato un 10% della ricchezza nazionale, complice il peso del debito e l'assenza di crescita.

Venire fuori dagli errori del passato costa. Se poi un paese accumula un debito di quasi 2 mila miliardi di euro, pari ad oltre il 120% del suo Pil (secondo l’Ocse rischia di balzare a fine anno al 127%, dal 119,8% di fine 2011, per arrivare al 131,4% a fine 2014), costa ancora di più, come gli italiani stanno imparando, a proprie spese, a comprendere. Il mix di tagli e aumenti d’imposta che il governo Monti ha varato, in alcuni casi prendendo le mossa da provvedimenti messi in cantiere già dal precedente governo Berlusconi, è finora stato più sbilanciato sulle ultime piuttosto che sui primi. 

Per la precisione tra Imu (che ha sostituito l’Ici), Tares (che dal prossimo anno sostituirà la Tarsu), maggiori accise sui carburanti, tasse sulle imbarcazioni, aerei e auto di lusso, aumenti dell’Iva (dal 20% al 21%), armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 20% (esclusi titoli di stato e buoni postali, per cui l’imposta resta al 12,5), “mini patrimoniale” su titoli e strumenti finanziari, Tobin tax, scudi fiscali, contributi di solidarietà, riduzione della deducibilità di alcune voci di spesa come l’auto aziendale, più elevati acconti sulle riserve matematiche delle assicurazioni, riforma del lavoro e altre decine di singoli provvedimenti, il conto complessivo è stato stimato, prudenzialmente, in 120 miliardi di euro di maggiore prelievo fiscale negli ultimi dodici mesi. 

In realtà il conto, per le tasche degli italiani, potrebbe essere ancora maggiore perché già oggi Confcommercio ha fatto sapere che, tenendo conto anche della media ponderata delle aliquote deliberate dagli 8 mila Comuni italiani, la stangata dell’Imu (il 17 del mese si deve pagare il saldo) sarà più pesante del previsto: non 11 miliardi di maggiore gettito rispetto all’Ici (9,07 miliardi nel 2011), per un totale di circa 20 miliardi, come stimato dal ministero dell’Economia e finanze, ma oltre 18 miliardi di maggiori entrate fiscali, per un prelievo complessivo di 28,21 miliardi nel 2012. 
Insomma: a fine anno gli italiani potrebbero aver dovuto pagare quasi 130 miliardi di euro in più che nel 2011, uno “svuotamento di tasche” aggiuntivo pari a circa l’8,25% del Pil, che intanto sarà sceso rispetto a dodici mesi fa di un 2,2% (e un altro 1% rischia di perdere l’anno venturo), se le stime dell’Ocse si riveleranno corrette. Nel complesso solo quest’anno un 10% abbondante di ricchezza nazionale sarà così stata “bruciata” dall’effetto congiunto della crisi economica e del rigore che il premier Monti ha voluto/dovuto seguire stante i rigidi limiti imposti all’Italia dalla sua adesione alla comunità europea oltre che dal peso del proprio debito pregresso. 

Ancora una volta è evidente come l’attuale ricetta di ispirazione “tedesca” sia di per sé insufficiente a farci risalire la china, nonostante l’ottimismo continuamente professato dallo stesso Monti, che a suo merito può in parte ascrivere il calo degli spread tra i titoli di stato italiani e tedeschi attorno al 3%, la metà circa del livello a cui si trovavano all’attuo del suo insediamento a Palazzo Chigi. Una riduzione che, calcoli alla mano, dovrebbe aver alleviato il conto sul debito pubblico di circa 25 miliardi di euro, ma chi sperasse che questo “tesoretto” possa essere girato a breve in nuova spesa pubblica per cercare di far ripartire la crescita è destinato a rimanere deluso, come ha ancora due giorni fa ricordato il ministro dell’Economia e finanza, Vittorio Grilli. 

“Non è previsto da nessuna regola contabile, e tanto meno dalle regole Ue, che si possano anticipare gli eventuali risparmi sui tassi d’interesse”, per loro natura troppo legati a “fattori volatili”, ha spiegato Grilli. Così non resta che una sola vera via d’uscita per evitare di fare la fine della Grecia o della Spagna: riuscire a convincere i partner europei (Germania in testa) della necessità di trasferire le eccedenze di capitali dal Nord al Sud del vecchio continente, andando a colmare quella “frammentazione dei mercati finanziari” più volte stigmatizzata da Mario Draghi, il numero uno della Bce la cui determinazione è finora servita per acquistare tempo ed evitare salassi ancora più repentini e dolorosi per i cittadini dei PIIGS europei.

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mercoledì 5 dicembre 2012

MEGA TURISTA PER SEMPRE

In tempo di crisi, si sa, bisogna puntare sulla fortuna. E a Padova, una anziana signora, ne ha avuta tanta. Comprando un Gratta e Vinci da 10 euro si è portata a casa ben 4 milioni di euro. Una nonnina  ultrasettantenne ha acquistato nei giorni scorsi un tagliando del concorso "Mega Turista Per Sempre". E la Dea Bendata questa volta non si è tirata indietro, baciando la donna.

Si trattava di uno di quei concorsi che promettono una rendita mensile: 15 mila euro al mese per 20 anni, e inoltre 200 mila euro subito e 100 mila euro di bonus finale. Alla fine sono ben 3 milioni e 900 mila euro e l'ultimo versamento arriverà nel 2032.

La vincita è già stata incassata, visto che l'età della fortunata signora è stata resa nota dall'ufficio di "Lotterie Nazionali srl". Ancora sconosciuta l’identità della signora. Nemmeno Simone Magarotto, titolare della ricevitoria di via Vigonovese 260 a Padova, saprebbe dire chi è.

A lui, che c'era stata una grossa vincita nel suo negozio, l'hanno comunicato da Roma. Mentre nel quartiere della ricevitoria c'è già chi giura di sapere nome e cognome della fortunata ultrasettantenne. “Qui non sappiamo nulla sulla sua identità - assicura Simone Magarotto al Corriere del Veneto- vendiamo una quantità tale di gratta e vinci che non ce ne siamo accorti. Grandi festeggiamenti non ne abbiamo visti, è facile abbia scoperto della vincita a casa. Speriamo in un gesto di riconoscenza, almeno una bottiglia di prosecco per festeggiare”.

Il cerchio però si stringe, almeno a sentire chi frequenta la tabaccheria di via Vigonovese. È facile che la donna abiti non molto distante dalla ricevitoria e che la «caccia» alla vincitrice duri per diversi giorni.

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martedì 4 dicembre 2012

SPRECO PUBBLICO

Nella spesa pubblica 60 miliardi di ruberie...

Sull'evasione fiscale più apparenza che sostanza: il governo fa la faccia feroce, ma poi non vara le leggi necessarie: è il j'accuse di Carlo Nocerino, uno dei sostituti procuratori presso la Procura della Repubblica di Milano, che ha seguito e segue numerose tra le inchieste societarie e finanziarie più spinose degli ultimi anni, quasi tutte “condite” da ricche evasioni fiscali collaterali.

“Nel codice penale tributario italiano ci sono lacune gravi che non aiutano la lotta all'evasione. Per esempio, l'evasione totale è punita meno di quella parziale, inoltre non è punita dal codice l'elusione fraudolenta, nè l'autoriciclaggio, cioè tutte le attività illecite che gli evasori mettono in atto per occultare il denaro accumulato evadendo le tasse: dal portarlo all'estero a nasconderlo sotto il materasso, a spenderlo in attività presentabili”.

Per Nocerino, inoltre, il confine tra l'evasione fiscale originata dall'occultamento dei proventi di attività lecite – insomma, il caso classico del professionista o del commerciante che non rilasciano lo scontrino o la fattura – e l'evasione che nasce invece da attività criminali è un confine sempre più sottile, a causa delle sempre più frequenti e pervasive intrusioni dell'economia delinquenziale in quella regolare. Su un punto, invece, Nocerino – che parlava durante il talk-show Roma InConTra-Ara Pacis, condotto da Enrico Cisnetto – ha introdotto una proposta di “ammorbidimento” della normativa in vigore, ed è sul trattamento giudiziario dei grandi episodi di conciliazione tra Fisco e contribuenti, quelle trattative che fanno notizia – chi non ricorda i casi di Pavarotti o di Valentino Rossi – ma che se poi arrivano alla transazione, non vengono per questo archiviati come procedimenti giudiziari, il che naturalmente “raffredda” gli evasori dall'idea di “conciliare”: “E' chiaro che quelle transazioni sono compromessi”, ha detto Nocerino, “ma una volta che lo Stato decide di accettarli, dovrebbero almeno estinguere il contenzioso collaterale”...

Ma c'è di più: in un Paese che ha rischiato di morire di troppo debiti ma, per salvarsi, sta adesso morendo di troppo fisco, ciò che clamorosamente continua a mancare è la soppressione degli sprechi della spesa pubblica, che alimentano un fiume di ruberie e inrrallazzi: è la tesi di Mario Baldassarri, presidente della Commissione Finanze del Senato: “L'ha sentenziato la Corte dei conti, ci sono 60 miliardi di sovracosti nella spesa pubblica, tra prezzi gonfiati negli acquisti di beni e servizi, fondi perduti e spese fuori controllo delle 7000 società ex-municipalizzate che nessuno governa. Su questo fiume di denaro prospera una casta burocratica che non dà al Paese alcuna produttività. In questo senso, la pomposa “spending review” del governo Monti si è risolta in un solenne flop”.

“Di spending review sento parlare da trent'anni”, insiste Baldassarri, “ma anche stavolta sostanzialmente non è stato fatto niente di risolutivo”Ed è per questo che nonostante da vent'anni in Parlamento molti esponenti politici di molti partiti abbiamo denunciato tutto questo, come del resto ha appena nuovamente fatto la Corte dei conti, tutto resta come sempre. Io li chiamo gli scorpioni, che stanno in groppa alla fana, le gravano addosso, quella nuova e loro la uccidono, finendo con l'uccidere anche se stessi. In Italia c'è un milione di approfittatori, di scorpioni, e 56 milioni di rane. E' l'ora della rivolta delle rane!”.

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lunedì 3 dicembre 2012

DEBITO PUBBLICO

Nel 2012 l'Italia pagherà circa 80 miliardi d'interesse sul "Debito Pubblico". Nessun governo, neanche quello dei tecnici, ha trovato un rimedio credibile per ridurre tale costo. Vorrei proporre una mia ricetta inedita che, non violando nessun vincolo europeo, punta a recuperare una parte di quei miliardi d'interessi pagati sul debito pubblico destinandoli alla crescita e alla riduzione del stesso.

Ci sono i Mini Titoli di Stato usati come moneta contante per risparmiare miliardi d'interessi sul debito pubblico. L'obiettivo è quello di ripagare una parte dell'attuale debito pubblico in scadenza (e senza emettere nuovi titoli tradizionali) con una quota di contante oggi in circolazione nella liquidità italiana. I miliardi di banconote prelevate verrebbero sostituite con Mini Titoli di Stato al portatore - tagli da 50, 100, 200 e 500 euro - della durata di 5 anni ad un tasso d'interesse dell'1% pagabile in un'unica soluzione al quinto anno.

Questi Mini Titoli di Stato al portatore, con apposito decreto, vengono parificati a "moneta contante" ed utilizzati dai cittadini nelle normali operazioni di pagamento quotidiane. Praticamente un cittadino per fare la spesa al supermercato potrà pagare o con le banconote o con i Mini Titolo di Stato al portatore ed ottenere il resto o in bancone o in Mini Titoli. La parte di liquidità in euro ritirata e sostituita con i Mini Titoli, si utilizza a ripagare i tradizionali titoli di Stato in scadenza bloccandone anche la nuova emissione per alcuni anni. Operazione, questa, che sposta un pezzo di debito pubblico, detenuto anche da soggetti esteri, alla liquidità interna italiana.

Il vantaggio? La differenza di tasso applicata sul debito! Lo Stato risparmierebbe la differenza tra il tasso prestabilito dei Mini Titoli al portatore (1%) e i tassi imposti oggi dalla speculazione finanziaria sui titoli di stato tradizionali che a secondo la durata del titolo si aggirano dal 3% al 5% circa. Stiamo parlando di risparmi d'interesse per circa 17,5 miliardi all'anno e per cinque anni (durata dei Mini Titoli di Stato al portatore). Tali risparmi si ottengono immettendo 500 miliardi di Mini Titoli di Stato nella liquidità italiana in un periodo di 2/3 anni; su un'emissione di 100 miliardi, il risparmio annuale sarebbe di 3,5 miliardi. .

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PIU' TASSE PER I RICCHI

Il Centrosinistra prepara la patrimoniale

"La vittoria di Bersani è il simbolo di una cultura politica che mette al centro il lavoro e l'uguaglianza. E sa affrontare le sfide di questa fase difficile che sta attraversando il Paese". Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, contattato da Affaritaliani.it, non ha dubbi che la vittoria del segretario abbia segnato una svolta nel centrosinistra. Il voto a queste primarie infatti non è stato solo tra rottamatori e rottamati, tra vecchi e giovani.  E' stata soprattutto una scelta tra due modi di vedere l'economia e il lavoro. Renzi è stato accusato da più parti di essere di destra per le sue proposte economiche. Mentre Bersani rappresenta la 'sinistra tradizionale' e, con la sua vicinanza alla Cgil, l'ortodossia del lavoro.

In questa fase di crisi gli elettori scelgono la linea economica del ticket Bersani-Vendola. Ma che cosa vuol dire questo? "In termini economici i primi punti che affronteremo saranno tre. Restituire una parte delle risorse tolte alla scuola pubblica, che è il futuro di questo Paese. Dare un po' di ossigeno alla nostra economia per mettere in moto le imprese e il lavoro, in particolare per il Mezzogiorno. Infine risolvere definitivamente il problema degli esodati". Ricette di sinistra? Forse, ma il punto nodale è uno solo: dove recuperare le risorse per 'rimettere in moto l'economia'. Servono miliardi di euro e nel centrosinistra hanno già un'idea di dove andarle a recuperare.

Si chiama patrimoniale. Una tassa straordinaria, una tantum, sulla ricchezza accumulata dalle persone benestanti. Anche i ricchi piangono? Fassina lascia intendere che il provvedimento è più che probabile, ma non si sbilancia: "Bersani ha una piattaforma già definita. Chi ha di più deve dare di più". Mentre tra i dirigenti di Sel le ide sono chiare: patrimoniale sì e subito.

La ricetta economica del Pd va al di là del perimetro nazionale.
Dal palco romano, durante il discorso da vincitore, Bersani ha annunciato la sua partenza per la Libia. "Penso che sia un tappa fondamentale", spiega Fassina. "La sponda sud del Mediterraneo è in una situazione complicata e l'Europa è stata carente in questa fase. Bersani è un leader europeo che conosce fino in fondo i problemi e le potenzialità di quest'area, in particolare per l'Italia e il nostro Mezzogiorno".

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domenica 2 dicembre 2012

REDDITOMETRO

No all’accertamento sintetico per acquisti coi soldi di mamma e papà
Con il giro di vite introdotto dal Governo Monti per combattere ad ogni costo l’evasione fiscale, parole come “spesometro” e “redditometro” suonano sempre più minacciose. E sull’argomento è intervenuta la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 17805/2012, ha fornito una precisazione sul ruolo che gli acquisti fatti dai genitori hanno sulle dichiarazioni d’imposta dei figli. In particolare, se si riesce a provare che ha avuto luogo una “donazione indiretta”, l’accertamento sintetico induttivo del reddito può essere contestato. Vediamo meglio di costa si tratta.

L’articolo 38 del d.P.R. n. 600/1973, intitolato “Rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche”, è la norma che originariamente ha introdotto lo strumento del redditometro assegnando appunto all’ufficio delle imposte il potere di “correggere” le dichiarazioni presentate dai contribuenti qualora il reddito complessivamente indicato appaia inferiore a quello effettivo. Tale inesattezza o falsità del documento viene desunta mettendo a confronto dichiarazioni di anni precenti e viene essenzialmente fondata su delle presunzioni semplici. Presunzioni che, ovviamente, ammettono la prova contraria. Sulla base dunque di elementi e circostanze di fatto e di indici fissati a priori, l’Agenzia delle entrate calcola sinteticamente il presunto reddito netto della persona fisica al fine di richiedere poi alla stessa di giustificare un eventuale scostamento che sia superiore ad una certa soglia. In poche parole, quindi, attraverso lo spesometro il reddito viene determinato in via induttiva tenendo conto delle spese per incrementi patrimoniali effettuate dal contribuente.

E torniamo al caso trattato dalla sentenza che, nello specifico, riguardava l’acquisto di un fabbricato effettuato dai genitori in favore del figlio. In questo caso, la dimostrazione che la compravendita è stata possibile grazie ai fondi di mamma e papà è valida come prova contraria per confutare l’accertamento induttivo del reddito. Siccome infatti la fonte di denaro è in un certo senso “esterna”, l’immobile non può essere preso in considerazione quale indice della capacità contributiva del figlio. In un’altra occasione, la Cassazione si era pronunciata in materia (sentenza n. 20638/2005) affermando che “nell’ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell’immobile e non del denano impiegato per l’acquisto”. In conclusione, quindi, l’avviso di accertamento induttivo può essere contestato.

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COMMENTI DEGLI ITALIANI

Alcuni commenti presi da Libero.It sull'attuale politica italiana:

Commenti (23)

  1. Roby says:
    Proviamo tutti a non pagare piu` le tasse ,canone Rai etc.
    andare a lavoro in bici cosi` evitiamo anche la vendita della benzina sara` un sacrificio ma bisogna farlo.
    Dobbiamo far capire che qui comanda il popolo e non i politici che ci girano a destra e sinistra loro dicono che fanno tutto per noi ma il problema e` uno loro sbagliano e noi paghiamo i loro errori.In Germania si pagano anche le tasse pero` gli stipendi sono piu` alti dei nostri quasi di 600 euro (dipende dai turni e dalla produzione piu` produci piu` guadagni).Gli assegni familiari sono 174 euro per figlio fino a 18 anni e non si anno in busta e non vengono calcolati con il reddito,si hanno e basta sul conto.Il sistema sanitario e diverso dal nostro x una tacca o una mammografia etc. non bisogna aspettare 1 anno oppure per farla subito bisogna pagare extra, in Italia pure questa e`una cacata. Cmq. avrei da dire tante altre cose che in Italia non vanno però mi fermo qui se no ci vorrebbe un libro grande come la bibbia x descrivere l`Italia ;io uso una sola parola e` proprio una cacata un paese di mangia mangia.Pero una cosa voglio dirla x quando riguarda il mangiare siamo imbattibili 1°in Europa o forse nel mondo, abbiamo un punto a nostro favore.
    Ciao ciao
  2. gallio says:
    Nel 2013 andrò al seggio e farò verbalizzare dal presidente che ritirerò la scheda solo quando i nostri cari politici lestofanti si dimezzeranno lo stipendio….fino a quel giorno questi signori il mio voto lo vedono col cannocchiale.
  3. Lothar says:
    Scusate possiamo andare avanti se ci sono 8 milioni di pecoroni che hanno votato le primarie del PD pagando 2 euro a testa.
    Adesso per votare si deve pagare che democrazia.
  4. michele says:
    ci vogliono parecchi cappi al collo
  5. Carlo says:
    è inutile lamentarci o dare la colpa a monti anche se la colpa è anche sua , ma chi decide sono sempre i partiti PD ,’PDL ,UDC , UDV . LEGA, ECC ECC..e poi noi crediamo ancora alle loro belle parole e andiamo ad ascoltarli nei comizi , non votiamoli più se non si tagliano i vitalizzi prima delle votazioni , se non fossero ladri si sarebbero già ridotti lo stipendio e vitalizi , non facciamoci incantare da nessuno di loro se non ci dimostrano con i fatti subito che vogliono fare il bene per il popolo .
    • gilberto says:
      Bisogna sbarazzarsi di queste merde!!!!! bisognerebbe bruciarli tutti questi sporchi politici di MERDA!!!!! senza pietà, ucciderli tutti, tanto la maggior parte sono tutti indagati!!! LADRI e CORROTTI!!!!!Bastardi
  6. margherita says:
    sveglia ragazzi!!” sapevate che Napolitano la scorsa settimana si è aumentato lo stipendio alla faccia nostra?!?!
  7. Maurizio says:
    L’italiano è imbattibile solo in una cosa, che tra l’altro è l’unica che sa fare: piangersi addosso!
    • RITA says:
      BRAVOOOOO!!!!!!
      Continuando cosi’ a lamentarci fra di noi non otterremo nulla….io personalmente mando mail ai vari ministri e sono andata un paio di volte al parlamento cercando di parlare con qualcuno ma sono una goccia in un oceano!!!
      DOBBIAMO SCENDERE IN PIAZZA,IN MANERA PACIFICA, E FAR CAPIRE A QUESTA MANICA DI POLITICI SCORRETTI CHE NON SIAMO DELLE PECORE SVEGLIAMOCI!!!!!!!
      • Jovine says:
        Brava! Allora, cari Italiani: quand’è che vi svegliate? Io sto aspettando, perchè è vero che dovremmo andarceli a prendere coi forconi come una volta, circa 2 o 300 anni fà ma,dove e quando ci troviamo?, e sopratutto: chi mi dice che una volta sceso in piazza, armato, giro le spalle e dietro di me non c’è più anima viva? Tutti bravi a parlare…ma poi….
  8. matteo49 says:
    E’ inutile piangere non serve a niente,ormai questi politici sono impastati ovunque,(il loro incarico preferito?rubare soldi pubblici a tutti gli Italiani,con la I maiuscola)Perciò ora l’unica cosa da fare é : la
    R I V O L U Z I O N E.
  9. piperlast says:
    Offende la nostra intelligenza continuare a pagare chi invece dovrebbe farci pagare sempre di meno.Il compito di una sana politica?Anteporre sempre e comunque ai propri bisogni,quelli dei cittadini,solo cosi avremo una società sana e responsabile.
  10. roberto says:
    beee beee siamo una massa di pecore beee beee
  11. Piccolo says:
    politici di m….ci riducete alla fame… Signor Monti vadi a vedere come sta la gente terremota oppure tutti gli sprechi che ci sono in Italia x colpa sempre dei politici ,poi te vivi con 72.000 € al mese brutto ….. e noi con 1000 € te ne rendi conto..poi ci aumenti le tasse a noi poveri disgraziati quando dovresti tagliare quella manica di gente nel parlamento..c’è ne sono troppi lo vuoi capire,poi le auto blu hai fatto una spesa di 10milioni di euro x comprare nuove auto blu perché dici che la manodopera costa troppo ma ti sentì parlare…
  12. Graziano says:
    Chi mi sa dire che differenza ce tra un magnaccio e un politico…………
  13. Alessandro says:
    Che bello il pacco natalizio che regaliamo ai politici che se la ridono ancora alle nostre spalle visto che la causa di tutto in italia è solo loro crisi sprechi di soldi pubblici e alla fine prendono soldi da noi onesti lavoratori che ci facciamo il CULO per mantenere le nostre famiglie .
  14. Aldo says:
    Quando c’era il fascismo e Mussolini non andavamo bene perchè la dittatura non piaceva a nessuno. Quando c’era il comunismo non andavamo bene perchè come il fascimo imponeva le sue regole. Adesso che non c’è un cazzo, perchè sono tutti una massa di coglioni (consentitemi il francesismo…) possiamo solo che prendercela in quel posto. E il peggio non è ancora arrivato!!!
  15. maurizio says:
    HAHAHAHAHA!!!! mi fate ridere…..


NATALE 2012

Natale 2012 amaro per gli italiani
“In dodici anni di manovre si sono registrati 103 miliardi di aumenti netti fra 2001 e 2012, con una pressione fiscale che è balzata dal 41,3% del 2000 al 44,7% attuale”. Questa la sconfortante conclusione che Confesercenti trae dall’analisi delle manovre di finanza pubblica succedutesi nel nostro paese dalla fine del 2000, basata su dati ufficiali.

L’Italia, oggi, si qualifica terzo Paese tra i 27 dell’Unione per pressione fiscale, dopo Danimarca e Svezia. Oltre 103 miliardi di aumenti netti d’imposta fra il 2001 e il 2012. In media, quasi 9 miliardi in più per ciascuno dei dodici anni trascorsi dall’inizio del terzo millennio.

Un risultato che spiega altri due fenomeni. Il primo: un aumento di 204 miliardi del gettito complessivo registrato nello stesso periodo (dai 495 del 2000 ai 699 attesi per il 2012). Il secondo: un aumento della pressione fiscale di 3,4 punti (dal 41,3% del 2000 al 44,7% del 2012), che porta a quasi 5 punti il divario rispetto al resto d’Europa.

E per il 2012, le previsioni non sono certo migliori: la pressione fiscale toccherà il 44,7%, con un balzo di 2,2 punti rispetto al 2011. Da un anno all’altro, insomma, gli italiani avranno pagato 35 miliardi in più, per effetto delle tre manovre che si sono succedute da metà 2011. Si tratta di 1.450 euro in più per ciascuna famiglia. Il confronto internazionale ci vede distaccare di ben 5 punti la pressione fiscale media: questo significa che se il nostro livello di prelievo fosse uguale a quello medio europeo, ogni famiglia italiana disporrebbe di un reddito aggiuntivo di 3.400 euro l’anno.

E le cattive notizie non sono finite. Se le tasse aumentano, le buste paga diminuiscono: questo Natale le tredicesime saranno più leggere, fino a 46 euro. Queste le stime della Cgia di Mestre. Vediamo alcuni esempi.

Un operaio specializzato, con un reddito lordo annuo di poco superiore ai 20.600 euro, si troverà con una tredicesima decurtata di 21 euro.

Un impiegato, con un imponibile Irpef annuo leggermente superiore ai 25.100 euro, perderà 24 euro. Un capo ufficio con un reddito lordo annuo di quasi 49.500 euro percepirà una tredicesima più leggera di 46 euro.

Questo a causa dell’inflazione cresciuta nel 2012 più del doppio rispetto agli aumenti retributivi medi maturati con i rinnovi contrattuali: se nei primi 9 mesi del 2012 il costo della vita è cresciuto del 3,1%, l’indice di rivalutazione contrattuale Istat è salito solo dell’1,4%. Pertanto, nei primi 9 mesi di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2011, il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti è diminuito.

 Fonti: Libero.it, Jobtel.it, Cgiamestre.com, Confesercenti.it

sabato 1 dicembre 2012

RIDUZIONE DELLE TASSE

Si' a una riduzione delle tasse ma coi limiti e nei tempi possibili. A dirlo il premier, Mario Monti. "Non c'e' dubbio che bisogna diminuire pressione fiscale", ha spiegato, sottolineando che pero' bisogna tenere conto "dei limiti e della dinamica temporale in cui sara' possibile". Sulla scuola: "Il governo e' pronto ad ascoltare le istanze del mondo della scuola. Sono pronto, assieme al ministro Profumo, ad ascoltare le istanze che vengono dal mondo della scuola, a patto che siano costruttive, disinteressate e senza corporativismi", ha spiegato durante il suo intervento a ItaliaCamp a Verona. "Tutti devono partecipare a sforzo e mettersi in questione".

Sulla riforma dell'istruzione, non esiste una dicotomia fra governo e insegnati e studenti, perche' tutti vogliono una scuola migliore; per questo le polemiche dei giorni scorsi "sono frutto di interessi di breve periodo. Non c'e' un noi governo e un voi insegnanti e studenti: abbiamo tutti lo stesso obiettivo, una scuola piu' efficace e moderna per rispondere al futuro", ha sottolineato. Si tratta di un progetto, ha aggiunto, dove "il ruolo insegnanti e' fondamentale, perche' sono un agente primario".

L'auspicio e' che il 2013 sia "l'anno degli investimenti sul capitale umano", con uno sforzo di tutti per affrontare temi come la disoccupazione giovanile. "Il mio desiderio e' che il 2013 sia l'anno degli investimenti in capitale umano, con le imprese che fanno uno sforzo particolare per immettere il maggior numero di giovani possibile nel circuito lavorativo, sfruttando riforma mercato lavoro", ha detto. Per questo, ha sottolineato, serve che "concorrano tutte forze del paese e soprattutto le imprese", anche perche' "se lo stato da solo non puo' risolvere ogni problema, cio' non vuol dire che possano gli italiani, e soprattutto i giovani, cominciando dalla disoccupazione giovanile".

Tema Ue, si' a cessioni di sovranita' misurate, purche' siano condivise e simmetriche. "Sono favorevole a misurate cessioni simmetriche e condivise e volontarie di sovranita'", ha spiegato. "Trovo invece che sarebbe psicologicamente e politicamente molto pesante perdere asimmetricamente e non scientemente e non volontariamente pezzetti di sovranita' perche' non si e' stati capaci con le nostre forze di stare al passo con altri Paesi d'Europa", ha continuato Monti. "L'Italia e' a favore di una condivisione di molti aspetti di sovranita', perche' certe sovranita' che si possono difendere con la bandiera e il cuore sono gia' perse a favore del mercato", ha concluso il premier.

F o n t e : libero.it
 

venerdì 30 novembre 2012

OUTLET, SCONTI E SVENDITE

Outlet, sconti, svendite. In un momento economico difficile come questo capita sempre più spesso di voler cercare un modo per fare acquisti di qualità a prezzi vantaggiosi; allo stesso tempo, proprio per effetto della crisi, i commercianti stessi si ritrovano con capi invenduti e ormai fuori collezione.

Per far quadrare le esigenze di tutti sono nati gli Outlet, singoli punti vendita o grandi centri commerciali in cui i prodotti della collezione ‘scaduta’ vengono venduti a prezzi fortemente concorrenziali.
 
Il più imponente d’Italia si trova a Serravalle Scrivia( fa capo, come altri sparsi per lo Stivale al colosso McArthurGlen). La caratteristica principale di questi spazi è che vi si trovano prodotti venduti al dettaglio di marche più o meno famose a prezzi notevolmente convenienti rispetto al commercio consueto.

Si tratta di capi minimamente fallati o appartenenti al catalogo dell’anno precedente che vengono venduti a prezzi sensibilmente inferiori (a volte lo sconto supera il 50 % del prezzo di vendita).

Il sistema giova a tutti: ai produttori, che riescono a cedere i prodotti invenduti o difettosi che altrimenti sarebbero destinati al macero, e al consumatore che può fare shopping di ogni tipo (capi d'abbigliamento o scarpe, oggetti di design o alimentari, articoli sportivi, mobili, accessori ecc.) a prezzi convenienti.

Il fenomeno Outlet, arrivato in Italia dall’estero all’inizio degli anni 2000, ha preso rapidamente piede e oggi pressocchè ogni marca di design o alta moda ha un suo canale dedicato. Non bisogna però confondere gli Outlet con gli spacci aziendali che sono i negozi interni alle fabbriche e possono essere sia aperti al pubblico che riservati ai soli dipendeti.

Un altro modo per fare acquisti a prezzi inferiori rispetto a quelli di vendita normale, è quello di seguire le svendite o le vendite promozionali, che sono cosa diversa dai saldi.

Infatti, mentre questi ultimi sono regolati dalle norme delle singole regioni, che ne decidono inizio e durata, le vendite promozionali e le svendite sono decise dal commericiante stesso, che può farle a sua discrezione (purchè non in concomitanza con il periodo di  saldi e delle Feste) dopo averne dato comunicazione alle autorità comunali.

Le vendite promozionali hanno lo scopo di agevolare la vendita di uno, più o tutti i prodotti della gamma merceologica trattata, applicando sconti o ribassi sul prezzo normale di vendita, per un periodo limitato di tempo, mentre le liquidazioni (o svendite), poi, sono un tipo particolare di vendita a prezzo vantaggioso dovuto al trasferimento, cessazione o rinnovo locali dell’esercizio in questione, in occasione dei quali i comericanti mettono in vendita i loro prodotti a un perezzo ridotto (in alcuni casi sottocosto) per svuotare i locali.

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PRENOTARE UN VIAGGIO

Agli italiani viaggiare piace e molto. E ognuno lo fa a suo modo, e con uno stile influenzato certamente dagli orientamenti culturali, dalle abitudini e dai gusti personali. Un dato però è certo: chi viaggia naviga anche molto in Rete, dove è ormai prassi comune acquistare i biglietti di treni ed aerei o comprare e regalare pacchetti vacanze, un “bene” che fa furore fra quelli online.

I più tradizionalisti si rivolgono alle agenzie, ma in tutti i casi l’obiettivo è ottimizzare le spese ed evitare danni. Prenotare un viaggio infatti nasconde rischi e insidie che è bene saper evitare con metodo, al fine di non restare delusi o vittime di raggiri. Ecco qualche consiglio.

Assicurati: in tutti i sensi
Preparare bene un viaggio richiede lungimiranza a partire dalla copertura assicurativa, che la vostra stessa assicurazione, o la compagnia di viaggio, di certo vi saprà indicare. Un viaggio è un evento lieto, ma, a meno che non sia un weekend fuori porta, richiede anche pragmatismo e previdenza. L’assicurazione delle spese di annullamento viaggio vi tutela in caso di malattia imprevista che vi costringe a stare a casa. L’assicurazione malattia e incidenti vale in parte anche per altri paesi europei; ma se partite per lidi lontani, meglio un’assicurazione complementare. L’assicurazione per i bagagli è di solito compresa nell’assicurazione mobiliare privata. Informatevi sulle vaccinazioni necessarie per soggiornare sereni in alcuni paesi, e non abbiate il braccino corto nello stipulare contratti con le assicurazioni senza costi aggiuntivi proposti dalle agenzie.

Prenotate con accortezza
Le prenotazioni online sono sempre più diffuse. Ma se fate tutto in autonomia, fate attenzione massima, dal punto di vista della correttezza e della completezza, ai dati immessi nel sistema. Annullare un biglietto comporta spese extra; tenete alta la guardia, tanto più se viaggiate molto e prenotate con costanza: l’automatismo, spesso, induce in errore. In un’agenzia viaggi le informazioni prima delle prenotazioni sono gratuite. Solo quando indicate chiaramente che desiderate prenotare e il tour operator conferma la prenotazione, questa diventa vincolante. In tal caso, occhio all’esattezza di orari, date, e nominativi sui documenti di viaggio. Verificare inoltre che sui voucher siano indicati tutti i servizi prenotati (hotel, escursioni, trasferimenti, ecc.).

Fate valere i diritti del consumatore
Verba volant, scripta manent. I dépliants e gli opuscoli illustrativi non sono solo un insieme di immagini con cui rifarsi gli occhi, ma soprattutto uno strumento importante per vedere in maniera chiara e precisa prezzi, mezzi di trasporto e classificazione degli hotel. Pretendeteli perché è il Codice del Consumo a stabilire che l’opuscolo fornisca informazioni chiare e che sia dato al consumatore dal venditore.

I pacchetti possono nascondere brutte soprese
Comprare online è comodo e ormai tutti si lanciano a caccia di offerte, ma, quando si tratta di pacchetti online per viaggi, l’attendibilità del sito in cui fate acquisti è decisiva. Il feedback di altri utenti può aiutare, perché in certi settori, come il commercio, le opinioni e le critiche difficilmente sono casuali. Decisiva, per evitare sgradevoli sorprese, è anche la prova empirica: telefonate personalmente ai numeri di riferimento. Chi compra un pacchetto turistico ha diritto a una copia del contratto che descriva con precisione gli elementi dello stesso.

Il tempo è denaro: occhio alle tempistiche
I cambiamenti di prezzo finale possono far parte del contratto, ma il cliente lo deve sapere con almeno 20 giorni di anticipo. Gli aumenti possono avere giusta causa (costo dei trasporti, tasse di imbarco e sbarco, oscillazione dei cambi) ma non nei 20 giorni che precedono la partenza. Se l’aumento supera il 10% si può rinunciare al viaggio, ottenendo la restituzione di quanto versato, oppure fruire di un diverso pacchetto con conguaglio della differenza se esso è di minor valore. Le modifiche ai pacchetti vanno comunicate per iscritto. Anche i diritti a eventuali risarcimenti hanno una loro road map: la raccomandata con ricevuta di ritorno da inviare al tour operator o all’agenzia, per essere risarciti di eventuali disservizi, va inviata tassativamente entro dieci giorni lavorativi dalla data del rientro. Nel caso si fosse coperti da polizza assicurativa, i diritti derivanti dal contratto si prescrivono entro un anno dal giorno in cui si è verificato il fatto. Siate celeri anche quando, vittime di incidenti o di malattie in loco, sarete costretti a chiamare il servizio di emergenza  della vostra assicurazione viaggi.

Occhio alla coerenza dell’insieme
Si fa presto a dire fregatura. Ma spetta anche a chi prenota fare le sue valutazioni. Prendiamo un caso tipico, l’agriturismo, una delle mete privilegiate da chi cerca una vacanza all’insegna della natura e del buon cibo, con prodotti agroalimentari tipici del territorio. Fatevi delle domande: se l’estensione territoriale dell’agriturismo è piccola, difficilmente i prodotti saranno tutti figli della terra; se i coperti sono centinaia, è difficile credere che sia una struttura raffinata e genuina. Infine, insospettitevi anche grazie ai dettagli: un agriturismo sito in una zona industriale o vicino a una centrale elettrica non è il massimo della coerenza.

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COMPRARE REGALI

Volete essere felici? Fate un regalo agli altri. A sostenere che donare genera felicità non è soltanto il buon senso ma la scienza. Da una ricerca condotta da due studiose della University of British Columbia di Vancouver, Elizabeth Dunn e Lara Aknin, e da un esperto di marketing della Harvard Business School, Michael Norton, emerge che la felicità procurata da un regalo fatto ad altre persone è maggiore rispetto a quella che può derivare dallo spendere soldi per se stessi.

L’ipotesi di partenza dello studio è che la felicità non dipende tanto da situazioni permanenti, come il reddito, una voce sostanzialmente stabile per un lavoratore dipendente, quanto dalle attività e dalle scelte, anche di consumo, che si fanno ogni giorno. L’indagine ha coinvolto un campione di 632 persone, negli Stati Uniti, a cui è stato chiesto di associare il livello di felicità a ogni scelta di spesa. Gli accademici hanno scoperto che la maggior parte dei consumi fatti per sé non produceva livelli alti di soddisfazione, mentre la spesa fatta per gli altri era associata a livelli alti di felicità, che cresceva all’aumento del consumo per il prossimo. In altre parole, dei doni.

A questo tipo di impostazione, gli studiosi hanno aggiunto un altro esperimento: hanno donato dei bonus di lavoro ai dipendenti di una compagnia e hanno verificato se si dichiaravano più felici i lavoratori che volevano spendere quella quota per se stessi oppure donando quei soldi ad amici e parenti o in beneficenza. Anche in questo caso è stato rilevato che i maggiori livelli di felicità erano previsti per il donare e non per il comprare per sé.

L’indagine non si è fermata qui, anche perché non basta una correlazione tra due elementi a provare un rapporto di causa-effetto. Gli scienziati hanno creato casualmente due sottogruppi: uno obbligato a spendere una quota per se stessi e l’altro costretto a spendere soldi per gli altri. A ciascuno dei membri del gruppo sono stati dati rispettivamente 20 o 5 dollari da spendere entro la fine della giornata. Prima e dopo l’esperimento è stato chiesto di misurare i livelli di felicità per ogni scelta di acquisto.  Anche in questa situazione è emerso che la spesa fatta in favore degli altri ha generato più benessere che quella per sé, a prescindere dalla cifra impiegata (5 o 20 dollari). 

Farsi dei doni può senza dubbio aiutare e avere effetti benefici sull’umore. Ma la vera chiave per la felicità, quando si tratta di scegliere come spendere il proprio denaro, è fare regali alle persone a cui si vuole bene. Se lo afferma anche la scienza, c’è da crederci 

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GRUPPI D'ACQUISTO

Sfidare la crisi e risparmiare senza rinunciare alla qualità? E' possibile con il social shopping, detto anche social buying che, grazie a tutta una serie di offerte con prezzi ribassati (detti deal, ossia “affari”), permette di fare acquisti  con sconti fino all’80%. Dodici mesi di palestra alla “modica” cifra di 200 euro, cene per due con degustazioni al 70% in meno, una batteria di pentole in ceramica con un prezzo praticamente uguale a quello di fabbrica e, ancora, viaggi all’estero con hotel e aereo compreso a prezzi che di solito è difficile trovare, un iPad a 100 euro in meno di quanto lo si trovi nei negozi: sono solo alcune delle tante promozioni che offrono i siti di social shopping  (come Groupon, Groupalia, Let’s bonus, Glamoo, Prezzo Felice, solo per citarne alcuni).

Come funziona? Basta andare sui vari siti e cercare quello che più interessa o registrarsi – e così risparmiare tempo – per ricevere le varie offerte via posta elettronica con una frequenza che di solito è giornaliera. Al momento della registrazione si possono anche indicare le proprie preferenze sia sulle promozioni che si desidera ricevere che soprattutto sulla città o sulle città di interesse. In questo modo, quello che arriverà via mail riguarderà per lo più offerte di cui è possibile approfittare facilmente perché legate al posto in cui si vive o in cui magari si va spesso per lavoro o altro.

I siti di social buying poi sfruttano al meglio tutti i media e anche i vari device. Non solo e-mail per essere sempre aggiornati: ci si può iscrivere alle varie pagine dei social network, spesso anch’esse “localizzate”  (ossia che riguardano determinate località) o scaricare le app per smartphone e tablet e così consultare tutte le offerte ogni volta che si vuole. E non finisce qui: per fare i vari confronti ed evitare di aprire più pagine contemporaneamente e soprattutto per trovare sempre l’offerta migliore, esistono i cosiddetti aggregatori che mettono insieme le promozioni che vengono da diverse fonti, divise per città di appartenenza o settore. Qualche nome? Tuttodeal, Dealcollector o Yunait (yunai.it).

Oltre che offrire tanti sconti su prodotti reali, il social shopping è abbastanza semplice e immediato. Una volta individuata l’offerta e dopo avere letto tutte le caratteristiche e condizioni, basta avere con sé una carta di credito – ma va bene anche una carta prepagata su cui mettere solo l’importo desiderato – e procedere con il comprare ciò che si è individuato. Per alcuni prodotti l’acquisto è immediato, per altri bisogna raggiungere il numero minimo di acquirenti quindi c’è da aspettare qualche ora o qualche giorno perché venga confermato.

Una volta che tutto è andato a buon fine, sulla propria casella di posta elettronica si riceve il coupon su cui è indicata la data di scadenza per usufruire dell’eventuale cena con prezzo ribassato, del viaggio o del deal per andare in palestra (la validità di solito è di sei mesi). Nel caso di oggetti, si riceve sempre conferma dell’acquisto e basta aspettare che arrivino a casa entro la scadenza prevista dal sito di social shopping. In alcuni casi, le spese di spedizione sono gratuite.

Il bello di acquistare con il social shopping consiste non solo dell’approfittare di promozioni senza dover cercare in giro per i vari negozi o “trattare” sul prezzo, ma soprattutto nel fare tutto comodamente da casa, risparmiando tempo prezioso per altro o per stare in compagnia di chi si vuole. Magari, per l’appunto, usufruendo di un deal.

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RISPARMIARE CON I SALDI

Bisognerà aspettare ancora poco più di un mese perché prendano il via, ma ai saldi ci si può preparare fin da adesso. Anzi, è proprio nel momento in cui le vetrine non sono ancora tempestate di targhette con 20-  30-  40-  50% che si deve pensare a come fare acquisti in modo intelligente evitando di portare a casa tanta roba inutile e che andrà soltanto ad affollare i nostro armadi.

Da cosa partire? Innanzitutto dall’…ordine, un buon consiglio può essere quello di approfittare del cambio stagione o appunto di un momento in cui gli sconti non sono ancora iniziati per fare l’inventario del nostro guardaroba e della nostra cabina armadio, prendendo esempio da come si fa appunto una lista della spesa. Prima di cominciare a scrivere cosa dovremo comprare al supermercato, tutti diamo un’occhiata a cosa abbiamo in casa onde evitare doppioni, che del cibo vada a male o che qualcosa manchi proprio quando serve. Lo stesso criterio vale per lo shopping in tempo di saldi: fare ordine nel guardaroba in “momenti non sospetti” aiuta a capire  cosa effettivamente ci servirà e cosa potremmo fare anche a meno di comprare.

Fatto ordine, lo step successivo è prendere carta e penna o aprire un file sul computer e scrivere cosa vi servirebbe. Se riuscite, aggiungete anche qualche altro dettaglio come perché comprereste quel determinato capo anziché un altro (“si abbina perfettamente a una giacca a fiori”) cercando di dividere cosa è veramente indispensabile e cosa no. Fatta la lista, è il momento di decidere il budget. Per fare uno shopping  intelligente è meglio stabilire la quota da spendere in negozi e centri commerciali solo quando saprete ciò che vi serve davvero così potrete capire quanto realmente potete, anzi dovete, destinare ai saldi. 

Una volta iniziati i saldi, il modo migliore per aggiudicarsi l’affare non è certamente andare in giro per negozi il giorno stesso o quello immediatamente successivo a quando i negozi hanno deciso di tagliare i prezzi. Intanto perché è una cosa che fanno in molti e rischiate di fare i vostri acquisti in negozi pieni in cui non riuscirete subito a trovare la taglia e in cui difficilmente, viste le condizioni, potrete fare un acquisto di qualità. Inoltre, molti negozianti iniziano con lo scontare poco i prodotti e arrivano al  tanto ambito 50% solo dopo alcune settimane dall’avvio dei saldi. Questo perché gli stessi proprietari ci tengono a vendere quello che hanno in magazzino. E anzi, a proposito di questo, capita spesso che nei primi giorni di saldi venga esposta merce che è appunto rimanenza non della stagione in corso ma di stagioni precedenti. Il principio è lo stesso: il negoziante approfitta della febbre da saldi sperando di riuscire a vendere le rimanenze e puntando sullo shopping “impulsivo”.

Quanto ai negozi, il consiglio è di scegliere quelli in cui siete clienti abituali. Così facendo potrete “approfittare” del feeling che magari si è creato con i commessi, oltre al fatto che riconoscerete  le collezioni della stagione in corso  e sarà difficile che compriate merce dell’anno prima. Oppure potete comprare negli outlet: si risparmia sempre in ogni mese dell’anno, ma ancora di più con i saldi.

Che compriate in negozi o outlet, non dimenticate di puntare sempre un evergreen, ossia qualcosa che non passa mai di moda. Qualche esempio? Un cappotto classico, un tailleur, un tubino o una cravatta in tinta unita. O ancora i jeans. Se resterete sul classico 5 tasche, questo, come gli altri acquisti si riveleranno un ottimo affare perché li indosserete per tanto tempo e sono capi di cui comunque si ha sempre bisogno. Infine, anche in tempo di saldi conviene affidarsi all’e-commerce. In particolare acquistando capi che non devono essere provati come borse, accessori, gioielli ecc… Anche i siti approfittano fanno sconti e può essere un’ottima occasione per comprare senza sforare il budget. Che poi è la prima regola da rispettare per uno shopping intelligente. E non solo in tempi di saldi.

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DISOCCUPAZIONE IN ITALIA

A ottobre i disoccupati sono 2 milioni e 870mila (11,1%), livello più alto dal quarto trimestre 1992. Rispetto a settembre tasso a +0,3 punti percentuali. Fra i giovani (15-24 anni) è pari al 36,5%. Cresce il part time involontario (+11,6%), lavori accettati in mancanza di impiego a tempo pieno. Frena l'inflazione a novembre. Ocse: all'Italia servirà manovra nel 2014. Istat, disoccupazione all'11,4 nel 2013 (VIDEO)

Roma, 30 nov. (Adnkronos) - A ottobre il numero dei disoccupati era di 2 milioni e 870 mila, il livello più alto dal quarto trimestre 1992. Lo comunica l'Istat, sottolineando come il dato registri un aumento del 3,3% rispetto a settembre (+93mila unità). La crescita della disoccupazione riguarda sia la componente maschile sia quella femminile. Su base annua si registra una crescita del 28,9% (+644mila unità).

Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero l'incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 36,5%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,8 punti nel confronto tendenziale. L'Istat ricorda come le persone fra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro sono 639mila e rappresentano il 10,6% della popolazione in questa fascia d'età.

A ottobre, comunica l'istituto di statistica, il tasso di disoccupazione si attesta all'11,1%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a settembre e di 2,3 punti nei dodici mesi. L'Istat segnala inoltre una sostanziale stabilità rispetto a settembre del numero di occupati, pari a 22 milioni 930mila. Su base annua si registra un calo dello 0,2% (-45mila unità).
 
Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in aumento di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale, invariato rispetto a dodici mesi prima.
 
A ottobre inoltre l'occupazione maschile è sostanzialmente stabile in termini congiunturali mentre diminuisce su base annua (-1,4%). L'occupazione femminile cala invece dello 0,1% rispetto al mese precedente, ma aumenta dell'1,5% nei dodici mesi.
 
Il tasso di occupazione maschile, pari al 66,5%, aumenta rispetto a settembre di 0,1 punti percentuali, ma diminuisce su base annua di 0,7 punti. Quello femminile, pari al 47,5%, è stabile in termini congiunturali, presentando un aumento di 0,8 punti percentuali rispetto a dodici mesi prima.
 
Gli occupati a tempo parziale aumentano nuovamente in misura sostenuta (+11,6%, pari a 401.000 unità), ma si tratta in gran parte di part time involontario, ossia dei lavori accettati in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno. 
 
Parallelamente, aggiunge l'Istat, gli occupati a tempo pieno continuano a diminuire (-2%, pari a -398.000 unità). Un calo che su base annua interessa soprattutto l'occupazione dipendente a carattere permanente e il Mezzogiorno.
 
L'istituto evidenzia anche una crescita del numero dei dipendenti a termine (+3,5% pari a 83.000 unità), ma esclusivamente nelle posizioni a tempo parziale. Circa la metà dell'incremento del lavoro a termine interessa i giovani di età inferiore a 35 anni e caratterizza soprattutto il commercio e gli alberghi e ristorazione. 
 
L'incidenza dei dipendenti a termine sul totale degli occupati sale così al 10,7%. Significativo anche l'aumento dei collaboratori (+11,6%, pari a 45.000 unità), concentrato nei servizi alle imprese e nell'assistenza sociale.

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PENSIONE DA 31 CENTESIMI DI EURO AL MESE

A Torpè, in provincia di Nuoro, vive una signora che ha ben 12 figli. Maria Carroni ha 65 anni e ha dedicato alla famiglia e ai figli, di cui uno disabile. La signora dopo una vita di sacrifici ha deciso di chiedere la pensione sociale all’Inps. Che le ha prontamente risposto.

L’istituto di previdenza sociale le ha inviato a casa un assegno calcolato su misura per il suo caso. La cifra che le spetta? Ben: 31 centesimi di euro al mese.

L’incredibile storia non finisce qui. La donna si è vista recapitare dall’Istituto di previdenza 1,05 euro, perché risulta che alla donna spettino i mesi arretrati da luglio a settembre, oltre alla rata di ottobre e alla tredicesima.

"Hanno speso più di carta e francobollo. Sarebbe stato meglio se me l'avessero negata", ha commentato sconsolata la nuova pensionata sociale che, con la sua pensione non potrà nemmeno bersi un cappuccino al bar.

Forse, a condizionare i calcoli dell’Istituto Previdenziale, sono stati i redditi del marito, di 79 anni, operaio in pensione. Lui da solo riceve 1.400 euro: 700 per la pensione di vecchiaia, due assegni familiari e l’indennità di accompagnamento per un figlio disabile.

”Dopo una vita dedicata alla famiglia, questo è quello che lo Stato mi ha riconosciuto – ha aggiunto Maria Carroni – provo solo tanta rabbia e incredulità”.

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mercoledì 28 novembre 2012

INVESTIMENTI ARABI

Hanno iniziato dalla Costa Smeralda, promettendo di investirvi un miliardo di euro. E ora, gli arabi di Qatar Holding LLC, il fondo sovrano che fa capo all'emiro Hamad bin Khalifa Al Thani, pare punti ai nomi forti del lusso. Si vocifera che nel mirino ci siano Versace, Dolce&Gabbana, Pomellato, Missoni e altre aziende papabili. Il tutto, dopo che l'emiro si è preso, a luglio, Valentino Fashion group, stante la passione della moglie per l'italico marchio. Siamo destinati a vendere l'Italia a pezzi? Il problema è che per le aziende che aspirano a competere sullo scenario internazionale, ci sono poche alternative.

A spiegarlo ad Affaritaliani.it è uno degli imprenditori più illuminati su piazza, Domenico Menniti di Harmont&Blaine, il marchio del bassotto, titolare di un menswear vivace e apprezzato, cresciuto in questi anni al riparo da crisi grazie alla visione lungimirante del fondatore che, i segnali di mercato, li sa leggere con largo anticipo e che fino a oggi si è espanso nel mondo con le sue forze: Usa, Cina, area ex Unione Sovietica, paesi latino americani. Un fatturato che tiene, ora sui 62 milioni di euro, un Ebit del 6%, quindi in utile.
"Ma adesso siamo costretti a valutare vie alternative di crescita. Pensiamo alla quotazione in Borsa, anche se abbiamo spostato l'ingresso al 2016 perché la situazione dei mercati non è rosea. Siamo aperti al dialogo con potenziali partner, sempre,  ma partendo dal presupposto di cedere una minoranza delle quote societarie".  Il problema è sempre il solito, annoso ormai. "Le aziende non possono più accedere al credito ordinario, quello bancario. Nell'ultimo anno e mezzo il costo del denaro è triplicato, lo spread pagato dalle aziende è inverosimile, anche quando sono solide. E oggi, per competere sul fronte internazionale, è necessario  arrivare a una soglia strategica di almeno 200 milioni di fatturato".

Come? "L'unica via, a parte la quotazione, è il ricorso all'equity".  Perché è un fatto storico, come conferma lo stesso Menniti, che le aziende italiane soffrano di sotto capitalizzazione. "Un tempo per crescere bastava fare magazzino. Ora, con la crisi paurosa del retail, messo alle strette dal crollo dei consumi, il produttore è costretto a scendere a valle, ad aprire negozi per vendere direttamente al consumatore finale. E il costo è altissimo: il nostro negozio aperto di recente in corso Matteotti a Milano, ad esempioè costato  6 milioni di euro. Nel 2012 la quota di fatturato investita sul retail da Harmont & Blaine è stata pari al 22%. Come si fa a sostenere un ritmo costante di aperture senza una forza finanziaria alle spalle?". In più, vi è da dire che un tempo i fondi "portavano finanza e know how gestionale-operativo. Oggi portano anche mercati da aprire, essendo essi spesso asiatici, arabi".

Non ci si stupisca, quindi, se ogni giorno un pezzo di storia, di fatica imprenditoriale, viene ceduto. Non solo agli arabi: ci sono i coreani dei colossi Lg, E-land, Samsung. Ci sono i cinesi, alla ricerca forsennata di brand italiani con una storia, anche senza fatturato, che siano acquisibili al 100% per essere portati in Asia. Ogni tanto, fa capolino anche qualche grosso fondo americano. Certo, gli arabi paiono quelli più disponibili a spendere senza limiti. Ora, la Qatar Holding LLC, già proprietaria dei magazzini inglesi  Harrod's  e primo azionista di Tiffany, ha firmato un accordo con il fondo Strategico Italiano, la holding controllata dalla cassa italiana depositi e prestiti, per la costituzione di una joint venture chiamata IQ made in Italy venture.

Sul piatto, due miliardi di euro da investire in tutti i settori che rappresentano l'eccellenza italiana, dalla moda al design, dal food al lifestyle. Il problema è che, una volta acquisite al 100%, le aziende vanno portate avanti. E la vicenda Ferré insegna che una griffe, privata della sua anima e snaturata, vale più niente. Non basta un nome, non basta un logo, serve una strategia valida perché il lusso non si improvvisa. E vendere bellezza è un mestiere che richiede sensibilità, conoscenza dei mercati, capacità di dare identità al prodotto. Non tutti, anzi pochi, lo sanno fare.

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L'INNOVAZIONE TECNOLOGICA SI TROVA NEL WEB

Possono il web e l'innovazione tecnologica digitale essere una delle risposte alla crisi, soprattutto per le piccole e medie imprese? Molti studi autorevoli giungono proprio a questa conclusione. Ha iniziato l'Istat quando ha affermato che poco meno del 2% del PIL italiano (1,8 per la precisione) era prodotto dall'economia digitale (poco più di 32 miliardi di euro di valore, secondo Boston Consulting). Su questa riga è intervenuta la stessa Facebook che ha pubblicato uno studio secondo il quale solo il suo indotto, ovvero le imprese che usufruiscono dei servizi digitali messi a disposizione dal Social Network blu,  vale qualcosa come 2,5 miliardi di euro, solo in Italia.

Tornando al PIL digitale, i margini di crescita in Italia sono davvero ampi, se è vero che in Inghilterra e Germania, la percentuale del prodotto Interno lordo generato dai processi innovativi digitali è ben assestata intorno al 7% e, per il nostro Paese, le stime danno un 4,3% entro il 2015. I provvedimenti del Governo Monti a sostegno dell'Agenda digitale, per quanto discussi, proprio da chi sul web già ci lavora, vanno proprio nella direzione di sostenere la digitalizzazione delle aziende e della Pubblica Amministrazione.

Affaritaliani.it ha fatto un piccolo viaggio, in due puntate, per capire se e quanto sia vero che la svolta digitale possa essere un antidoto possibile alla crisi. In questa prima parte parlano i numeri e gli studi. Nella seconda invece parleranno i piccoli imprenditori che la svolta l'hanno fatta. Le sintesi  e i problemi sul tavolo verranno poi discussi in una tavola rotonda a Roma, in occasione della presentazione del Rapporto Piccole Imprese di UniCredit (guarda qui il programma), che Affaritaliani.it trasmetterà in video diretta. In quell'occasione si potranno anche porre domande direttamente ai relatori via Twitter, attraverso l'hashtag #rapportopi2012.   

Dicevamo dei numeri. Due importanti studi, uno di McKinsey e uno di Boston Consulting lasciano pochi dubbi sulla "forza" che la digitalizzazione può trasmettere alle aziende, soprattutto se piccole. Secondo l'indagine McKinsey le imprese che fanno ampio ricorso alle tecnologie web crescono più del doppio rispetto alle imprese che ne fanno poco uso. Nel periodo 2006-2009 infatti le prime registrano una crescita media annua del 13% contro il 6,2% delle seconde. A metà strada si collocano le imprese a media intensità di web (7,4%).

Risultati analoghi emergono dall'indagine Boston Consulting Group condotta su 1000 imprese italiane. Le PMI più digitalizzate presentano indicatori migliori rispetto alle altre riguardo a crescita, internazionalizzazione, occupazione e produttività.

In particolare, le imprese classificate come "online-attive" - ossia che dispongono di un sito ed effettuano attività di marketing o di vendita in Rete - hanno registrato negli ultimi tre anni un incremento annuo del fatturato dell'1,2%, contro il -2,4% delle imprese "solo-online" (ossia dotate di un sito ma che non svolgono attività di marketing o di vendita in Rete) e il -4,5% delle imprese "offline" (prive cioè anche di pagina web). Il 65% delle imprese "online-attive" ritiene di aver ottenuto vantaggi di produttività grazie alla digitalizzazione, contro il 28% di quelle "solo-online" e il 25% delle "offline". Inoltre, il 34% delle imprese "online-attive" ha aumentato negli ultimi 5 anni il personale, contro l'11% delle imprese "offline". Infine, le imprese "online-attive" mostrano un'incidenza del fatturato estero (14,7%) doppia rispetto alle "solo-online" (7,7%) e più che tripla rispetto alle "offline" (4,1%).

Numeri che lasciano pochi dubbi. Ma cosa significa "digitalizzare"? Significa effettuare un salto qualitativo rispetto al passato notevole ottenendo forti aumenti di produttività e di qualità, abbattendo i costi, a fronte di investimenti estremamemente contenuti. Le caratteristiche delle nuove tecnologie sono infatti pervasive, investono orizzontalmente tutti i settori e possono essere adottate da qualunque impresa, a prescindere dalla dimensione.

Con la digitalizzazione cambia il modo di produrre, di scambiare e di comunicare. Le modifiche organizzative dovute alle nuove tecnologie incidono profondamente su ogni fase della catena del valore aziendale e sui rapporti di lavoro, richiedendo una diversa capacità di coordinamento, più flessibile e attenta al risultato. Proprio grazie a queste caratteristiche, la digitalizzazione è unanimemente riconosciuta come un fattore propulsivo di crescita dei Paesi. La stessa Commissione europea, nell'ultimo rapporto annuale sulle PMI, enfatizza il ruolo delle imprese high-tech manifatturiere e ad alta intensità di conoscenza dei servizi nel determinare incrementi di produttività a livello globale.

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SCALATA BANCARIA BPI

Annullamento senza rinvio della sentenza d'appello del processo sulla tentata scalata della Bpi ad Antonveneta per "incompetenza territoriale" dei giudici milanesi. Questa la richiesta del Pg di Cassazione, Oscar Cedrangolo, il quale, quindi, ha sollecitato l'azzeramento dell'intero processo, con l'invio degli atti alla Procura che la Suprema Corte riterra' competente.

Se i giudici della seconda sezione penale della Suprema Corte dovessero accogliere la tesi del Pg, tutto cadra' comunque in prescrizione, i cui termini decorrono dal 12 dicembre prossimo. La Corte d'Appello di Milano, il 28 maggio scorso, aveva ridotto la pena all'ex Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio (condannato a 2 anni e mezzo), agli ex vertici di Unipol Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti (1 anno e 8 mesi) e all'ex leader della Bpi, Gianpiero Fiorani (condannato a 1 anno), e all'imprenditore Luigi Zunino (condannato a 1 anno e 6 mesi). Il Pg Cedrangolo ha sollecitato la conferma della sola condanna del fiduciario svizzero Francesco Ghioldi, condannato in appello a 4 anni e 3 mesi, per reati diversi da quelli contestati agli altri imputati.

Il processo di secondo grado aveva sensibilmente ridotto le condanne inflitte agli imputati ricorrenti dal Tribunale di Milano il 28 maggio 2011. In primo grado, infatti, Fazio era stato condannato a 4 anni, Consorte e Sacchetti a 3 anni, mentre a Fiorani era stata inflitta una pena pari a 1 anno e 8 mesi. Le accuse nei loro confronti, a vario titolo, sono aggiotaggio, ostacolo agli organismi di vigilanza e appropriazione indebita. Il Pg Cedrangolo, nella sua requisitoria, ha mostrato di condividere l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata da tutti i difensori, secondo i quali il procedimento andava incardinato presso la Procura di Lodi.

I giudici d'Appello avevano revocato la confisca di 39,6 milioni a Unipol, condannando la societa' a pagare 230mila euro (in primo grado la somma stabilita era invece pari a 900 mila). A far ricorso in Cassazione e' oggi anche la Nuova Parva Spa, societa' condannata in appello a pagare 100 mila euro (contro i 360 mila stabiliti in primo grado).

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MOTORSHOW DI BOLOGNA 2012

Quando Inizia il Motor Show di Bolgona 2012 ?

Dal 5 dicembre ritorna il Motorshow di Bologna uno dei pochi Saloni dove il pubblico e gli appassionati possono provare e toccare con mano le ultime novità del mercato dell’auto: l’anno scorso furono oltre 45.500 i test drive effettuati al Salone e l’edizione 2012 della manifestazione, aperta al pubblico dal 5 al 9 dicembre a BolognaFiere, non farà eccezione. Anzi, in questa 37° edizione le aree esterne a disposizione dei visitatori saranno arricchite dalla presenza di numerose anteprime di prodotto per il mercato italiano.

Nove le aree esterne dell’edizione 2012 dove le maggiori case automobilistiche portano le ultime novità:

AREA 42 – SKODA: In quest’area posizionata vicino all’ingresso di Piazza Costituzione Skoda dedicherà un’area espositiva alla nuova Skoda Rapid, la berlina compatta in arrivo anche sul mercato italiano.

AREA 42/1 – FEDERAZIONE ITALIANA FUORISTRADA: E’ l’area dedicata alla FIF, che ha 250 club 4x4 sul territorio e oltre 11.000 soci. I marchi presenti saranno Mercedes-Benz, con l’intera gamma off-road firmata dai modelli GLK, M, GL e G, e Renault, con il crossover Nuovo Koleos: le caratteristiche di queste vetture saranno esaltate da uno speciale percorso off-road, molto spettacolare e creato ad hoc.

AREA 44 – RENAULT: L’area sarà suddivisa in tre poli, divisi a seconda delle caratteristiche delle vetture impiegate. Il polo sportivo con l’aggiunta di Nuova Clio, che prevede test drive a bordo di auto sportive come Nuova Twingo R.S. e Megane R.S., impegnate in prove di slalom cronometrate e test di frenata, e le prove della berlina Nuova Clio con i nuovi motori Energy1.0 TCe 90 e 1.5 dCi 90. Nel polo 4CONTROL sono in programma test drive a bordo di Laguna Coupé per presentare l’esclusivo sistema 4CONTROL a quattro ruote sterzanti ed evidenziare i benefici in termini di performance, stabilità e tenuta di strada. Nell’ambito del polo Elettrico si potrà salire a bordo dell’Urban Crosser 100% elettrico Renault Twizy, impegnato su una divertente pista tipo kart creata ad hoc. Inoltre, sull’area ci sarà un’esposizione statica di Twingo R2, vettura da rally dalle elevate prestazioni, della moto Gordini e di una Twizy Momo Design frutto di un co-marketing.

AREA 45 – SEAT: Nell’area 45, posizionata tra i padiglioni 29 e 26, il pubblico potrà effettuare test drive a bordo della nuova Seat Leon, la terza generazione della berlina compatta della Casa spagnola disponibile in anteprima italiana al Motor Show prima del lancio di gennaio nelle concessionarie.

AREA 46 – AUTOMOBILE CLUB D’ITALIA: Sarà un’area prove in cui gli istruttori dell’Automobile Club d’Italia, a bordo delle auto Mini in dotazione al Centro Guida Sicura ACI-SARA di Vallelunga, effettueranno delle dimostrazioni pratiche portando i visitatori del Motor Show a bordo delle auto per fornire istruzioni di guida sicura.

AREA 47 – FIAT: Su una spettacolare area off-road Fiat proporrà test drive sulla nuova Panda 4x4, che sarà proposta a Bologna in anteprima per il mercato italiano.

AREA 47/1 – DACIA: L’area sarà teatro di un’ambientazione off-road che consentirà ai visitatori di eseguire test drive a bordo di Duster 4x4 e di Nuova Stepway, il crossover Dacia. In esposizione statica anche la monovolume Dacia Lodgy e il multispazio Dokker, attorno ai quali sarà organizzata una divertente animazione.

AREA 49 – NISSAN:
Sarà lo spazio per la città virtuale di Juke, dove scoprire tutte le versioni del crossover compatto di Nissan: Juke Town assomiglierà ad un gigantesco igloo e la sua protagonista sarà la Juke Nismo, presentata al Motor Show in anteprima italiana. All’interno della Juke Town anche l’edizione limitata della Juke with Ministry of Sound, Juke-R, Juke 190HP Limited Edition e Juke Blade.

AREA 48 – MOTORSPORT ARENA: Il 6 e il 7 dicembre sulla pista in area 48 spazio ad Abarth Taxi Drive, alcuni test drive della gamma Abarth 500 e dei kit di elaborazione. Nissan sarà presente con test drive sulla pista della MotorSport Arena il 4, 5, 6 e 7 dicembre: le vetture a disposizione saranno Juke 190HP, 370Z, GT-R e l’esclusiva Juke-R, guidate da professionisti tra cui il pilota di F1 Vitantonio Liuzzi.

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LIBRO : FUGA DA FACEBOOK

Il titolo è tutto un programma: "Fuga da Facebook - The back home strategy". Ma è il sottotitolo del libro a suonare come un campanello d'allarme per molte aziende: "Guida alla sopravvivenza per chi pensava che bastassero i 'social' per fare marketing digitale". L'autore, fra gli addetti ai lavori del marketing, non ha bisogno di presentazioni: Marco Camisani Calzolari è un vero "guru" di internet e della comunicazione digitale, professore di comunicazione a Milano e Londra.

"Non si tratta di un attacco a Facebook, sia chiaro, ma alle pratiche di marketing sbagliate delle  aziende. Il titolo è uno slogan, ma solo a metà: il tema non è fuggire da Facebook, ma dalle pratiche sbagliate di marketing sui social media", spiega Marco Camisani Calzolari ad Affaritaliani.it.

Ma come? Ci hanno spiegato che il banner è morto, che il marketing digitale deve puntare sui social, a partire da Facebook, perché è lì che ci sono gli utenti... E ora scopriamo che è stato tutto inutile?

"Il problema non è Facebook, ma l'eccessivo entusiasmo con cui esperti di marketing e di digitale hanno spinto le aziende a spendere tutte le energie su Facebook, ridicendo enormemente o addirittura annullando quelli su sito e blog aziendale per dedicarsi alla fan page e alle strategie per portarvi utenti. Molti di quegli esperti hanno spiegato alle aziende che quella sarebbe stata la loro casa sul web, senza tenere conto del fatto che il social network non condivide con le aziende i dati degli utenti. Cosa del tutto lecita: il suo core business è aggregare il maggior numero di iscritti, mantenerne la profilazione e fare marketing e advertising per il proprio business, non per quello delle aziende che sono sulla sua piattaforma".

Però un miliardo di utenti non sono pochi: logico che facciano gola a chi cerca di raggiungere il maggior numero di persone sul web.

"Non solo: di fronte all'enorme complessità delle strategie digitali, che arrivano fino alla usabilità dell'ultima applicazione per l'ultimo device, è molto semplice affidarsi a una piattaforma che si fa carico di tutti questi aspetti tecnologici. E poi certo, su Facebook si va incontro a un miliardo di utenti, ma utenti 'potenziali': la capacità di attrarre utenti alla propria fan page dipende dalla capacità di proporre contenuti che siano interessanti per il target che si vuole raggiungere. Sul web non vale il paradigma dei media tradizionali, dove se fai pubblicità - ad esempio - all'interno di un programma tv con dieci milioni di telespettatori, quasi tutti vedranno il tuo spot".
Okay, non saranno un miliardo, ma ci sono aziende che totalizzano milioni di fan su Facebook.
"Ovvio, è facile conquistare fan e like su Facebook: basta un click. Così si fanno grandi numeri che piacciono tanto all'amministratore delegato e lo tranquillizzano sulla bontà dell'investimento per conquistare utenti sul social network. Il problema è che a fronte di quell'investimento, che va dall'adesivo sulla vetrina con l'indirizzo della fan page a più complesse strategie di digital marketing - l'azienda porta a casa ben poco, creando engagement all'interno dell'ambiente di un terzo. Consideriamo, poi, che a luglio Facebook ha introdotto i 'promoted post': se l'azienda non paga, può raggiungere al massimo il 16% circa della sua audience. Il che va benissimo: Facebook offre la piattaforma e gli utenti ed è giusto che chieda in cambio un pagamento per il servizio. Il fatto è che le aziende non ne sono così consapevoli, convinte - sempre dagli esperti di cui sopra - che Facebook consenta di raggiungere gratuitamente milioni di utenti".

Insomma, scopo del libro è aprore gli occhi ai responsabili marketing delle aziende sulle reali potenzialità di Facebook e sui relativi costi.

"E' così. Cito il caso di Dangerous Minds, che ha calcolato come, per raggiungere il 100% dei suoi 53mila fan con circa 10 post giornalieri, debba spendere quasi 700mila dollari all'anno. Insomma, parliamo di cifre decisamente importanti. Detto questo, certamente Facebook è una grandissima fonte di traffico e può essere usato proficuamente per portare gli utenti a casa, ovvero sul sito, su una newsletter a cui iscriversi, su una community. Saranno sicuramente meno dei fan e dei like su Facebook, ma se ben coltivati saranno questi i veri fan, quelli che hanno un valore reale per l'azienda: il loro 'peso specifico' è ben superiore a quello di migliaia di utenti distratti che cliccano su 'like'".

Eppure, sin dagli albori della pubblicità online, le aziende hanno sempre misurato al millimetro il ROI (ritorno degli investimenti) di ogni euro speso sul web, pesando meticolosamente ogni singolo utente raggiunto o potenzialmente raggiungibile. Perché con Facebook e i social media quelle stesse aziende sono tornate a farsi abbagliare dai numeri come se niente fosse?

"Per una ragione puramente di mercato: molte aziende si sono avvicinate ai social network con superficialità, senza investire adeguate risorse nelle studio delle loro caratteristiche. Investire in marketing su Facebook è come dare droga a un tossicodipendente: a lungo andare fa male, ma sul momento lo fai felice. Così diventa tutto semplice, il direttore marketing porta grandi numeri all'amministratore delegato, i dati del reach e dell'engagement ci sono... Tutti contenti, insomma. Peccato che nel lungo periodo questa strategia sia distruttiva, perché quei grandi numeri servono a ben poco. A meno che la tua azienda non sia un bar...".

Tutto questo vale per Facebook come per gli altri social network?

"Sì, vale anche per Twitter e le altre piattaforme più o meno verticali. E oggi è difficile convincere le aziende che le strategie su cui hanno puntato in questi ultimi anni sono distruttive, perché in quella direzione le hanno spinte presunti esperti che, in sostanza, vendono servizi legati a Facebook & C. Oggi in pratica non esistono più web agency, solo social media agency".

Marco Camisani Calzolari
"Fuga da Facebook - The back home strategy"

Ed. Carte Scoperte
Euro 9,50 (euro 3,99 in versione ebook su Book Republic)

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