Il titolo è tutto un programma: "Fuga da Facebook - The back home strategy".
Ma è il sottotitolo del libro a suonare come un campanello d'allarme
per molte aziende: "Guida alla sopravvivenza per chi pensava che
bastassero i 'social' per fare marketing digitale". L'autore, fra gli
addetti ai lavori del marketing, non ha bisogno di presentazioni: Marco
Camisani Calzolari è un vero "guru" di internet e della comunicazione
digitale, professore di comunicazione a Milano e Londra.
"Non si tratta di un attacco a Facebook, sia chiaro, ma alle pratiche di marketing sbagliate delle aziende.
Il titolo è uno slogan, ma solo a metà: il tema non è fuggire da
Facebook, ma dalle pratiche sbagliate di marketing sui social media", spiega Marco Camisani Calzolari ad Affaritaliani.it.
Ma come? Ci hanno spiegato che il banner è morto, che il
marketing digitale deve puntare sui social, a partire da Facebook,
perché è lì che ci sono gli utenti... E ora scopriamo che è stato tutto
inutile?
"Il problema non è Facebook, ma l'eccessivo entusiasmo con cui esperti di marketing e di digitale hanno spinto le aziende a spendere tutte le energie su Facebook, ridicendo enormemente o addirittura annullando quelli su sito e blog aziendale per dedicarsi alla fan page e alle strategie per portarvi utenti. Molti di quegli esperti hanno spiegato alle aziende che quella sarebbe stata la loro casa sul web, senza tenere conto del fatto che il social network non condivide con le aziende i dati degli utenti. Cosa del tutto lecita: il suo core business è aggregare il maggior numero di iscritti, mantenerne la profilazione e fare marketing e advertising per il proprio business, non per quello delle aziende che sono sulla sua piattaforma".
Però un miliardo di utenti non sono pochi: logico che facciano
gola a chi cerca di raggiungere il maggior numero di persone sul web.
"Non solo: di fronte all'enorme complessità delle strategie digitali, che arrivano fino alla usabilità dell'ultima applicazione per l'ultimo device, è molto semplice affidarsi a una piattaforma che si fa carico di tutti questi aspetti tecnologici. E poi certo, su Facebook si va incontro a un miliardo di utenti, ma utenti 'potenziali': la capacità di attrarre utenti alla propria fan page dipende dalla capacità di proporre contenuti che siano interessanti per il target che si vuole raggiungere. Sul web non vale il paradigma dei media tradizionali, dove se fai pubblicità - ad esempio - all'interno di un programma tv con dieci milioni di telespettatori, quasi tutti vedranno il tuo spot".
Okay, non saranno un miliardo, ma ci sono aziende che totalizzano milioni di fan su Facebook.
"Ovvio, è facile conquistare fan e like su Facebook: basta un click. Così si fanno grandi numeri che piacciono tanto all'amministratore delegato e lo tranquillizzano sulla bontà dell'investimento per conquistare utenti sul social network. Il problema è che a fronte di quell'investimento, che va dall'adesivo sulla vetrina con l'indirizzo della fan page a più complesse strategie di digital marketing - l'azienda porta a casa ben poco, creando engagement all'interno dell'ambiente di un terzo. Consideriamo, poi, che a luglio Facebook ha introdotto i 'promoted post': se l'azienda non paga, può raggiungere al massimo il 16% circa della sua audience. Il che va benissimo: Facebook offre la piattaforma e gli utenti ed è giusto che chieda in cambio un pagamento per il servizio. Il fatto è che le aziende non ne sono così consapevoli, convinte - sempre dagli esperti di cui sopra - che Facebook consenta di raggiungere gratuitamente milioni di utenti".
"Ovvio, è facile conquistare fan e like su Facebook: basta un click. Così si fanno grandi numeri che piacciono tanto all'amministratore delegato e lo tranquillizzano sulla bontà dell'investimento per conquistare utenti sul social network. Il problema è che a fronte di quell'investimento, che va dall'adesivo sulla vetrina con l'indirizzo della fan page a più complesse strategie di digital marketing - l'azienda porta a casa ben poco, creando engagement all'interno dell'ambiente di un terzo. Consideriamo, poi, che a luglio Facebook ha introdotto i 'promoted post': se l'azienda non paga, può raggiungere al massimo il 16% circa della sua audience. Il che va benissimo: Facebook offre la piattaforma e gli utenti ed è giusto che chieda in cambio un pagamento per il servizio. Il fatto è che le aziende non ne sono così consapevoli, convinte - sempre dagli esperti di cui sopra - che Facebook consenta di raggiungere gratuitamente milioni di utenti".
Insomma, scopo del libro è aprore gli occhi ai responsabili
marketing delle aziende sulle reali potenzialità di Facebook e sui
relativi costi.
"E' così. Cito il caso di Dangerous Minds, che ha calcolato come, per raggiungere il 100% dei suoi 53mila fan con circa 10 post giornalieri, debba spendere quasi 700mila dollari all'anno. Insomma, parliamo di cifre decisamente importanti. Detto questo, certamente Facebook è una grandissima fonte di traffico e può essere usato proficuamente per portare gli utenti a casa, ovvero sul sito, su una newsletter a cui iscriversi, su una community. Saranno sicuramente meno dei fan e dei like su Facebook, ma se ben coltivati saranno questi i veri fan, quelli che hanno un valore reale per l'azienda: il loro 'peso specifico' è ben superiore a quello di migliaia di utenti distratti che cliccano su 'like'".
Eppure, sin dagli albori della pubblicità online, le aziende
hanno sempre misurato al millimetro il ROI (ritorno degli investimenti)
di ogni euro speso sul web, pesando meticolosamente ogni singolo utente
raggiunto o potenzialmente raggiungibile. Perché con Facebook e i social
media quelle stesse aziende sono tornate a farsi abbagliare dai numeri
come se niente fosse?
"Per una ragione puramente di mercato: molte aziende si sono avvicinate ai social network con superficialità, senza investire adeguate risorse nelle studio delle loro caratteristiche. Investire in marketing su Facebook è come dare droga a un tossicodipendente: a lungo andare fa male, ma sul momento lo fai felice. Così diventa tutto semplice, il direttore marketing porta grandi numeri all'amministratore delegato, i dati del reach e dell'engagement ci sono... Tutti contenti, insomma. Peccato che nel lungo periodo questa strategia sia distruttiva, perché quei grandi numeri servono a ben poco. A meno che la tua azienda non sia un bar...".
Tutto questo vale per Facebook come per gli altri social network?
"Sì, vale anche per Twitter e le altre piattaforme più o meno verticali. E oggi è difficile convincere le aziende che le strategie su cui hanno puntato in questi ultimi anni sono distruttive, perché in quella direzione le hanno spinte presunti esperti che, in sostanza, vendono servizi legati a Facebook & C. Oggi in pratica non esistono più web agency, solo social media agency".
Marco Camisani Calzolari
"Fuga da Facebook - The back home strategy"
Ed. Carte Scoperte
Euro 9,50 (euro 3,99 in versione ebook su Book Republic)
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