Era atteso per la fine del 2012 ma, anche quest’anno e per problemi di costi eccessivi, quasi sicuramente non nascerà l’Albo nazionale dei consulenti finanziari indipendenti (o indipendent financial advisors). Si tratta di una categoria emergente di lavoratori autonomi con partita Iva
che si stanno facendo strada nel mondo del risparmio e che offrono la
loro consulenza al pubblico sui prodotti d’investimento da acquistare,
selezionando i migliori sul mercato, senza nessun conflitto di
interessi.
Il lavoro di questi professionisti, che si pongono in alternativa ai tradizionali promotori finanziari, viene infatti remunerato con il meccanismo del fee-only,
cioè soltanto con le parcelle pagate direttamente dal cliente per il
servizio ricevuto, come avviene quando si va da un medico, da un
commercialista o da un avvocato.
Financial advisor indipendenti
Il consulente indipendente, a differenza dei promotori finanziari, non ha rapporti commerciali di alcun tipo con chi offre i prodotti d’investimento,
cioè con le banche, le società di gestione del risparmio o le compagnie
assicurative, da cui non incassa nemmeno un centesimo sotto forma di
commissioni per il collocamento.
Inoltre, il financial advisor non può neppure toccare direttamente il
capitale dei clienti, ma si limita a indicare loro la soluzione adatta
per far fruttare il loro patrimonio. Le operazioni d’investimento sono
fatte dai risparmiatori attraverso i canali tradizionali, cioè negli
sportelli delle banche.
Il tutto, in cambio di una parcella (fee)
per il servizio di consulenza, che di solito ammonta allo 0,5-1% del
capitale investito. Per esempio, chi investe una somma di 100.000 euro
paga al suo financial advisor una fee di 500-1.000 euro all’anno.
Nessun conflitto d’interesse
Soltanto così, a detta di alcuni osservatori, le famiglie italiane
possono evitare il rischio di imbattersi, come è avvenuto spesso in
passato, in prodotti finanziari scadenti che fanno guadagnare soltanto
chi li vende e non chi li acquista.
L’Albo professionale dei consulenti indipendenti (che esistono in
Italia da almeno un decennio) dovrebbe includere tutti i professionisti
abilitati a offrire questo tipo di servizio, in base a requisiti etici e
di onorabilità e dopo il superamento di un esame. Per adesso, tuttavia,
dell’Albo si sono perse le tracce. L’ostacolo alla sua creazione è
rappresentato da una spesa, stimata nell’ordine di 2 milioni di euro,
necessari per istituire gli organi e reclutare il personale che vigilerà
sull’attività dei consulenti.
F o n t e : lamiapartitaiva.it