sabato 17 novembre 2012

STUDIO E LAVORO

In Italia, chi non studia né lavora abbatte il Pil del 2,06%
Se fosse integrata nel tessuto sociale e produttivo, la generazione Neet – quella che non studia, non lavora e non fa nient’altro (Not in Education, Employment or Training) – contribuirebbe a far crescere dell’1,2% il Pil del Vecchio continente e di circa il 2% quello italiano.
 
L’indagine di Eurofond – la fondazione dell’Unione Europea specializzata nella consulenza sui temi del lavoro e delle condizioni di vita – svela come, su scala europea, l’assenza dalla “società attiva” di questi giovani corrisponde a una perdita economica stimata per il 2011 in 153 milioni di euro, il 28% in più rispetto al 2008.  Secondo l’istituto, nei paesi Ue (esclusa Malta per l’assenza di dati affidabili), i giovani tagliati fuori da tutto sono 14 milioni, con la tendenza a crescere a causa delle difficoltà della crisi economica.

Il primato è, manco a dirlo, italiano. Nel nostro Paese la quota di Pil “mancato” è del 2,06%, non il valore più alto in termini percentuali, ma al primo posto in termini assoluti: 32,6 miliardi di euro. A seguire Francia (22 miliardi), Regno Unito (18), e Spagna (15,7). In termini relativi, il primato spetta alla Bulgaria, dove la mancata integrazione dei Neet nei circuiti economici ed educativi rappresenta il 3,31% del Pil, seguita da Grecia (3,28%) e Irlanda (2,77%).

La distribuzione dei Neet in Europa, ovviamente, non è omogenea. Olanda e Lussemburgo sono i Paesi più virtuosi con un tasso inferiore al 7%, mentre c’è un gruppo con percentuali che vanno oltre il 17%: assieme all’Italia con circa 2 milioni di Neet fra i 15 e 29 anni (il 22,7%), troviamo Grecia, Irlanda, Bulgaria, Romania e Spagna.

Lo studio di Eurofound cerca anche di tracciare un identikit dei soggetti a “rischio Neet”: un ragazzo con bassi livelli di scolarizzazione ha delle probabilità di finire nella categoria dei Neet tre volte superiori a un coetaneo con un’istruzione secondaria. Un rischio che aumenta fra i giovani immigrati, fra quelli con problemi di salute o forme di disabilità, oppure immersi in ambienti familiari difficili e con redditi bassi, spesso residenti in aree periferiche più arretrate.

F o n t e : libero.it