La straordinaria crescita nella produzione di petrolio e gas naturale negli Stati Uniti significherà un grande cambiamento nel flussi energetici globali”, dato che gli Usa “diventeranno un esportatore netto di gas naturale nel 2020, e arriveranno alla quasi-autosufficienza energetica, in termini netti, nel 2035”. Lo prevede l'Agenzia internazionale dell'energia (Aie), nel suo World energy outlook.
Grazie a questi cambiamenti, stima ancora l'Aie, “il Nordamerica emergerà come un esportatore netto di petrolio'', con gli Usa primo produttore mondiale davanti all'Arabia Saudita dal 2020 e per tutto il decennio successivo, mentre “il 90% circa dell'export di petrolio del Medio Oriente sarà diretto verso l'Asia nel 2035''. La previsione si basa sul forte aumento, già registrato negli scorsi anni, della produzione di petrolio e gas di scisto negli Stati Uniti, con l'utilizzo di tecnologie come la fratturazione idraulica, divenuta redditizia con il forte aumento dei prezzi energetici, ma ancora molto controversa per l'elevato impatto ambientale.
Il prezzo del petrolio salirà a 125 dollari al barile da qui al 2035, e la domanda mondiale aumenterà del 14% nello stesso periodo, arrivando a 99,7 milioni di barili al giorno, 700 mila in più di quanto previsto in precedenza. Intanto, proprio la scorsa settimana la produzione di petrolio americana è giunta ai massimi dal 1994. In base ai dati del Dipartimento dell'Energia, l’output di greggio è salito a 6,709 milioni di barili al giorno.
Ma a chi venderà l’America il proprio “oro nero”? “La crescita del consumo di petrolio nei Paesi emergenti, e in particolare quella legata ai trasporti in Cina, India e Medio Oriente - scrive ancora l'Aie -compenserà ampiamente la riduzione della domanda nell'Ocse, facendo crescere nettamente l'uso di petrolio”. I mezzi di trasporto, infatti, già “rappresentano più della metà del consumo petrolifero mondiale, e questa quota si accrescerà, dato che il parco auto raddoppierà a 1,7 miliardi di veicoli, e che la domanda legata al cargo su strada aumenterà rapidamente”.
Grazie a questi cambiamenti, stima ancora l'Aie, “il Nordamerica emergerà come un esportatore netto di petrolio'', con gli Usa primo produttore mondiale davanti all'Arabia Saudita dal 2020 e per tutto il decennio successivo, mentre “il 90% circa dell'export di petrolio del Medio Oriente sarà diretto verso l'Asia nel 2035''. La previsione si basa sul forte aumento, già registrato negli scorsi anni, della produzione di petrolio e gas di scisto negli Stati Uniti, con l'utilizzo di tecnologie come la fratturazione idraulica, divenuta redditizia con il forte aumento dei prezzi energetici, ma ancora molto controversa per l'elevato impatto ambientale.
Il prezzo del petrolio salirà a 125 dollari al barile da qui al 2035, e la domanda mondiale aumenterà del 14% nello stesso periodo, arrivando a 99,7 milioni di barili al giorno, 700 mila in più di quanto previsto in precedenza. Intanto, proprio la scorsa settimana la produzione di petrolio americana è giunta ai massimi dal 1994. In base ai dati del Dipartimento dell'Energia, l’output di greggio è salito a 6,709 milioni di barili al giorno.
Ma a chi venderà l’America il proprio “oro nero”? “La crescita del consumo di petrolio nei Paesi emergenti, e in particolare quella legata ai trasporti in Cina, India e Medio Oriente - scrive ancora l'Aie -compenserà ampiamente la riduzione della domanda nell'Ocse, facendo crescere nettamente l'uso di petrolio”. I mezzi di trasporto, infatti, già “rappresentano più della metà del consumo petrolifero mondiale, e questa quota si accrescerà, dato che il parco auto raddoppierà a 1,7 miliardi di veicoli, e che la domanda legata al cargo su strada aumenterà rapidamente”.
Cina, India e Medio Oriente, precisa l'organizzazione, rappresenteranno da qui al 2035 “il 60% della crescita globale'' della domanda energetica, che invece “crescerà appena dell'area Ocse”, dove ci sarà “un pronunciato spostamento verso gas e rinnovabili”.La straordinaria crescita nella produzione di petrolio e gas naturale negli Stati Uniti significherà un grande cambiamento nel flussi energetici globali”, dato che gli Usa “diventeranno un esportatore netto di gas naturale nel 2020, e arriveranno alla quasi-autosufficienza energetica, in termini netti, nel 2035”. Lo prevede l'Agenzia internazionale dell'energia (Aie), nel suo World energy outlook.
Grazie a questi cambiamenti, stima ancora l'Aie, “il Nordamerica emergerà come un esportatore netto di petrolio'', con gli Usa primo produttore mondiale davanti all'Arabia Saudita dal 2020 e per tutto il decennio successivo, mentre “il 90% circa dell'export di petrolio del Medio Oriente sarà diretto verso l'Asia nel 2035''. La previsione si basa sul forte aumento, già registrato negli scorsi anni, della produzione di petrolio e gas di scisto negli Stati Uniti, con l'utilizzo di tecnologie come la fratturazione idraulica, divenuta redditizia con il forte aumento dei prezzi energetici, ma ancora molto controversa per l'elevato impatto ambientale.
Il prezzo del petrolio salirà a 125 dollari al barile da qui al 2035, e la domanda mondiale aumenterà del 14% nello stesso periodo, arrivando a 99,7 milioni di barili al giorno, 700 mila in più di quanto previsto in precedenza. Intanto, proprio la scorsa settimana la produzione di petrolio americana è giunta ai massimi dal 1994. In base ai dati del Dipartimento dell'Energia, l’output di greggio è salito a 6,709 milioni di barili al giorno.
Ma a chi venderà l’America il proprio “oro nero”? “La crescita del consumo di petrolio nei Paesi emergenti, e in particolare quella legata ai trasporti in Cina, India e Medio Oriente - scrive ancora l'Aie -compenserà ampiamente la riduzione della domanda nell'Ocse, facendo crescere nettamente l'uso di petrolio”. I mezzi di trasporto, infatti, già “rappresentano più della metà del consumo petrolifero mondiale, e questa quota si accrescerà, dato che il parco auto raddoppierà a 1,7 miliardi di veicoli, e che la domanda legata al cargo su strada aumenterà rapidamente”. Cina, India e Medio Oriente, precisa l'organizzazione, rappresenteranno da qui al 2035 “il 60% della crescita globale'' della domanda energetica, che invece “crescerà appena dell'area Ocse”, dove ci sarà “un pronunciato spostamento verso gas e rinnovabili”.
Grazie a questi cambiamenti, stima ancora l'Aie, “il Nordamerica emergerà come un esportatore netto di petrolio'', con gli Usa primo produttore mondiale davanti all'Arabia Saudita dal 2020 e per tutto il decennio successivo, mentre “il 90% circa dell'export di petrolio del Medio Oriente sarà diretto verso l'Asia nel 2035''. La previsione si basa sul forte aumento, già registrato negli scorsi anni, della produzione di petrolio e gas di scisto negli Stati Uniti, con l'utilizzo di tecnologie come la fratturazione idraulica, divenuta redditizia con il forte aumento dei prezzi energetici, ma ancora molto controversa per l'elevato impatto ambientale.
Il prezzo del petrolio salirà a 125 dollari al barile da qui al 2035, e la domanda mondiale aumenterà del 14% nello stesso periodo, arrivando a 99,7 milioni di barili al giorno, 700 mila in più di quanto previsto in precedenza. Intanto, proprio la scorsa settimana la produzione di petrolio americana è giunta ai massimi dal 1994. In base ai dati del Dipartimento dell'Energia, l’output di greggio è salito a 6,709 milioni di barili al giorno.
Ma a chi venderà l’America il proprio “oro nero”? “La crescita del consumo di petrolio nei Paesi emergenti, e in particolare quella legata ai trasporti in Cina, India e Medio Oriente - scrive ancora l'Aie -compenserà ampiamente la riduzione della domanda nell'Ocse, facendo crescere nettamente l'uso di petrolio”. I mezzi di trasporto, infatti, già “rappresentano più della metà del consumo petrolifero mondiale, e questa quota si accrescerà, dato che il parco auto raddoppierà a 1,7 miliardi di veicoli, e che la domanda legata al cargo su strada aumenterà rapidamente”. Cina, India e Medio Oriente, precisa l'organizzazione, rappresenteranno da qui al 2035 “il 60% della crescita globale'' della domanda energetica, che invece “crescerà appena dell'area Ocse”, dove ci sarà “un pronunciato spostamento verso gas e rinnovabili”.
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